Corrado Canovi
Segretario Generale FIA
Alla luce del Nuovo Regolamento Europeo sui Dispositivi Medici, urge una revisione del DPCM sui Nuovi LEA. Gli Audioprotesisti fanno tante cose, basta leggere il nostro profilo professionale e la nostra “Mappa delle Competenze”: counselling, test protesici, questionari di psicoacustica, acufenometria, prese d’impronta (e ne sto certamente tralasciando tante altre). Una cosa però rappresenta il fulcro attorno al quale ruota tutta la nostra attività: l’apparecchio acustico.
Da decenni la nostra evoluzione ci ha sempre più allontanati dal dispositivo, definendoci come una professione certamente più completa e ad ampio raggio di quella di semplice “tecnico” di prodotto, ma è evidente che esso è, e rimarrà, il nostro strumento di lavoro fondamentale Non esiste Audioprotesista senza apparecchio acustico (e viceversa).
Intanto… Il nome
Ma che cos’è l’apparecchio acustico? Questa domanda, molto banale, non manca di mettere in difficoltà sia lo studente al primo anno di corso in Tecniche Audioprotesiche, sia l’Audioprotesista più navigato. E purtroppo in qualche caso (ahinoi!) anche i legislatori. Diamo un’occhiata a qualche fonte. È evidente che nella pratica quotidiana non è di nessuna utilità conoscere la definizione migliore di apparecchio acustico, anche perché, come risulta già evidente da questa breve tabella, una definizione univoca semplicemente non c’è. Intanto il primo scoglio è proprio il nome del dispositivo: si chiamano “apparecchi acustici”, “protesi acustiche” o “ausili per l’udito”? Tutte le risposte sono corrette. Dal punto di vista linguistico, chiamarle “protesi” è improprio, come ci spiega il dizionario Treccani:
“…Per estensione e impropriamente si definiscono protesi anche determinati apparecchi esterni (che propriamente si chiamano ortesi e ausili) rivolti a migliorare la funzione di un apparato senza sostituirsi ad esso; per es., protesi acustiche, denominazione dei vari apparecchi (chiamati anche audioprotesi) atti a migliorare la capacità uditiva di pazienti con riduzione dell’udito…”.
Nella realtà, tutte le espressioni riportate sono correntemente utilizzate. Se vogliamo ricalcare la denominazione anglosassone “hearing aids”, allora dobbiamo utilizzare “ausili per l’udito”, se vogliamo concentrarci sulle loro caratteristiche costruttive (più sul “come funzionano” che non sull’“a cosa servono”) allora “apparecchi acustici” è la definizione corretta, mentre “protesi acustiche” è riservato a un ambito più ristretto e, in genere, legato alle forniture di assistenza protesica erogate dal Servizio Sanitario Nazionale.
Gli apparecchi acustici sono prodotti di serie o su misura?
Anche su questo sorgono spesso molti dubbi Gli apparecchi acustici sono dispositivi prodotti in serie, ma sono applicati e adattati su misura solo per un determinato paziente dall’Audioprotesista E quindi sono di serie o su misura?
Fortunatamente in questo caso possiamo disporre di fonti certe che cancellano ogni indeterminatezza Gli apparecchi acustici, infatti, secondo la “Direttiva Europea 93/42” e secondo il nuovo “Regolamento Europeo sui Dispositivi Medici” in vigore dal 26 maggio scorso, sono “dispositivi medici di serie predisposti di classe 2A”. Segue una breve definizione inserita nell’ottimo documento “Questions and Answers on Custom-Made Devices” (“Domande e risposte sui dispositivi su misura”) pubblicato dal Medical Device Coordination Group in seno all’Unione Europea:
“… dispositivi medici predisposti […] prodotti in serie che devono essere allestiti, regolati, assemblati o modellati presso il punto di assistenza, generalmente da un professionista sanitario, in conformità con le istruzioni del fabbricante al fine di adattarsi, prima dell’uso, alle caratteristiche anatomofisiologiche del paziente…”.
L’allestimento ad opera del professionista sanitario è quindi decisivo. Per questo, all’interno del D.M. 332/99 gli apparecchi acustici erano classificati in modo del tutto analogo (elenco 1: allestiti su misura) e remunerati a tariffa.
Il DPCM sui nuovi LEA: una classificazione ampiamente rivedibile
Pare del tutto irragionevole, quindi, anche alla luce del nuovo Regolamento Europeo, che gli apparecchi acustici e soprattutto l’apporto professionale dell’Audioprotesista siano inclusi, nel DPCM sui Nuovi LEA del 12 gennaio 2017, all’interno dell’elenco 2A, ossia tra i dispositivi che soltanto “a garanzia della corretta utilizzazione da parte dell’assistito in condizioni di sicurezza, devono essere applicati dal professionista sanitario abilitato”.
Tale definizione appare non in linea con il trattamento sanitario dell’ipoacusia e, viste le modalità di acquisizione previste dal DPCM per questo tipo di dispositivi (gara d’appalto), gravemente lesiva della necessaria libertà di scelta da parte del paziente e del rapporto di fiducia tra paziente e professionista, fondamentale per la rimediazione dell’ipoacusia. Non c’è alcuna ragione né tecnica né sanitaria che giustifichi l’inclusione (o per meglio dire, lo sradicamento da quanto indicano scienza e professione) degli apparecchi acustici e dell’attività del tecnico audioprotesista all’interno dell’elenco 2A Gli apparecchi acustici sono dispositivi complessi e rappresentano solo una parte del processo riabilitativo del soggetto ipoacusico In conclusione, se gli apparecchi acustici sono dispositivi prodotti in serie ma la cui applicazione prevede il decisivo apporto professionale sanitario da parte del tecnico abilitato, allora tali dispositivi si configurano come “protesi allestite su misura” e sono quindi riclassificabili in piena conformità con la norma europea (come già richiesto nel 2016 dalle Commissioni competenti di Camera e Senato nelle fasi di esame del DPCM), nell’elenco 1 del Nomenclatore Tariffario.
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