La valutazione in aula delle performance cognitive dei bambini in situazioni di rumore ambientale

Apr 21, 2022 | Attualità, News, Professione

di Gaia Spicciarelli, Flavia Gheller, Barbara Arfé (*)

Avete mai provato a studiare in un bar affollato? O, ancora più semplicemente, avete mai scambiato due chiacchiere in un bar mentre in televisione va in onda una partita di calcio? Se avete mai fatto almeno una di queste due esperienze, capirete come cercare di comunicare e/o apprendere in contesti rumorosi comporti un investimento di risorse cognitive (concentrazione, attenzione, memoria) non indifferente rispetto a un contesto silenzioso.

Purtroppo, la maggior parte delle scuole italiane non assicura dei contesti acusticamente adeguati a favorire l’apprendimento degli alunni, specialmente dei più piccoli. Nonostante l’aggiornamento continuo delle normative e delle linee guida, da una recente indagine risulta che circa l’88% degli edifici scolastici non è dotata di accorgimenti specifici per la protezione da rumore, e quindi risulta acusticamente non adeguata rispetto a quanto raccomandato dall’OMS. Questo dato porta a riflettere sulla necessità di trovare in tempi brevi soluzioni di adeguamento acustico che siano pratiche ed efficaci, e allo stesso tempo sostenibili.

Bambini in età scolare non hanno ancora del tutto sviluppato le abilità linguistiche necessarie per riuscire a riconoscere e comprendere facilmente un discorso in situazioni rumorose [3,4]: abilità pari a quelle degli adulti si raggiungono soltanto intorno ai 13-15 anni. Questo naturalmente comporta una perdita significativa di informazioni in classe. Numerosi studi hanno inoltre indagato l’impatto del rumore di fondo sull’apprendimento di bambini e adolescenti, sulle loro performance accademiche e sul loro affaticamento cognitivo. In questi studi è stata presa in considerazione una vasta gamma di abilità cognitive su cui il rumore può avere un impatto significativo, come l’attenzione, le capacità mnestiche, e diverse abilità scolastiche, tra cui abilità matematiche, di lettura e scrittura.

Inizialmente, la ricerca scientifica si è concentrata sugli effetti del rumore cronico proveniente da fonti esterne, come traffico aereo, ferroviario e automobilistico. I risultati di questi studi hanno mostrato come gli effetti dell’esposizione cronica a questo tipo di rumore comprendono deficit dell’attenzione visiva e sostenuta, peggiori capacità di percezione e discriminazione uditiva, e un calo delle performance in compiti di memoria e lettura a test standardizzati. In particolare, il rumore può avere un effetto deleterio per quei compiti che richiedono maggiori risorse cognitive (es. un quesito che richiede la combinazione di diverse abilità, scrivere o comprendere un testo).

Più di recente, numerose ricerche si sono concentrate sull’analizzare non soltanto gli effetti del rumore esterno alle classi, ma anche quello interno. Ossia quello proveniente dai dispositivi necessari per insegnare (computer, lavagna interattiva multimediale, proiettori) dai corridoi e dalle aule adiacenti, e soprattutto dal vociare degli alunni durante le attività quotidiane. Una delle conseguenze più importanti del rumore nelle classi è la riduzione dell’intelligibilità del parlato. Se i bambini non riescono a comprendere quanto detto dall’insegnante, allora viene meno la funzione primaria dell’aula, ovvero quella di essere un ambiente facilitatore della comunicazione tra insegnante e alunni. Ma l’intelligibilità del parlato non è però essenziale soltanto per l’apprendimento. Anche le interazioni sociali, di cui i bambini fanno esperienza, sono mediate da questa capacità.

Gli effetti dell’inquinamento acustico sono deleteri per tutti gli alunni, anche se è importante sottolineare come essi siano più gravi nel caso di alunni con preesistenti vulnerabilità, come in bambini con disturbi specifici dell’apprendimento o del comportamento, o come nel caso dei bambini con ipoacusia.

Per questo motivo, l’Università degli Studi di Padova, con la collaborazione dell’Università IUAV di Venezia, ha dato il via a un progetto che affronta il tema della qualità globale dell’ambiente interno nelle scuole primarie, ai fini di garantire una più alta qualità del contesto di apprendimento di alunni con ipoacusia e normoacusici.

L’obiettivo del progetto, sostenuto da un finanziamento della Regione Veneto tramite il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR 2014-2020, è stato quello di analizzare le caratteristiche acustiche e di luminosità dell’ambiente interno delle aule scolastiche e valutarne l’impatto sull’affaticamento cognitivo e uditivo dei bambini.

L’idea è di sviluppare nuovi strumenti per la rilevazione della qualità ambientale percepita e per lo studio della performance in ambiente naturale e simulato e la creazione di nuove linee guida per la progettazione e riqualificazione degli ambienti scolastici. L’applicazione CoEN (Cognitive Effort in Noise) nasce con lo scopo di valutare le performance cognitive a test neuropsicologici standardizzati di bambini in età scolare (6-13 anni) in condizione di quiete o rumore ambientale (www.coen-project.it).

L’app, disponibile sia per iOS che Android, comprende una serie di test neuropsicologici riadattati in formato digitale e automatizzato rendendo così il bambino autonomo nello svolgimento dei compiti. Nello specifico, i test valutano alcune funzioni esecutive maggiormente compromesse dall’effetto del rumore: memoria di lavoro, attenzione visiva e sostenuta, capacità inibitorie.

Possibili soluzioni per migliorare il benessere dei bambini all’interno delle aule devono comprendere pannelli e controsoffittature fonoassorbenti, o strati elastici nei solai interpiano per interrompere la rigidità della struttura, al fine di diminuire il tempo di riverbero ed attenuare la diffusione meccanica del rumore proveniente dai piani superiori. Altri interventi possono essere tuttavia necessari. Ad esempio, interventi di natura educativa, per insegnare agli studenti a gestire e regolare il rumore in classe.

Data la prevalenza sul territorio nazionale di edifici scolastici acusticamente non a norma, le conseguenze di un’inadeguata qualità acustica degli ambienti devono diventare un argomento di primaria importanza nel dialogo sul benessere dei bambini, essendo le aule scolastiche luoghi di apprendimento e socializzazione in cui gli alunni passano la maggior parte delle proprie giornate.

(*) Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli Studi di Padova

Centro interdipartimentale di ricerca “I-APPROVE – International Auditory Processing Project in Venice”, Università degli Studi di Padova

(Dan Sipple/Getty Images)

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