Medici di base e disturbi uditivi: intervista a Francesco BUONO, SEGRETARIO FIMMG ROMA

Nov 15, 2023 | Attualità, News, Professione, Sanità | 0 commenti

Un’assistenza primaria multidisciplinare e integrata che garantisca prevenzione e promozione della salute. Un obiettivo a cui mirare secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità anche per quanto riguarda la salute uditiva, per cui identificazione e trattamento precoce risultano
fondamentali per prevenire un deterioramento globale. In una delle ultime pubblicazioni elaborate dagli esperti di Ginevra, si sottolinea
come oltre il 60% dei problemi di udito può essere identificato e affrontato a livello di cure primarie. La collaborazione con i medici di medicina generale è quindi più che auspicabile, perché consentirebbe di intercettare e affrontare i disturbi uditivi in modo più tempestivo.
Ne abbiamo parlato con il dottor Francesco Buono, medico di famiglia e segretario organizzativo della FIMMG Roma (Federazione italiana medici di medicina generale).

“Un aspetto fondamentale del lavoro del medico di medicina generale è il legame stretto, a volte quasi personale, che si riesce a instaurare spesso con i pazienti. Un privilegio unico. Sicuramente. L’attività del medico di medicina generale costituisce un “osservatorio privilegiato” ma anche un “uditorio privilegiato” nei confronti dei cittadini (prima ancora che pazienti) che a lui si rivolgono per esigenze sanitarie, ma spesso anche sociali e di contesto relazionale con la società. Proprio in virtù di questo, secondo l’OMS, i medici di famiglia potrebbero affrontare sfide significative e fornire cure primarie di qualità se le politiche daranno loro l’opportunità di farlo.
Infatti la potenzialità è altissima, può tradursi in atto però soltanto se i medici di famiglia vengono coinvolti sin dalla progettazione e non
solo a “cose fatte” che poi è molto più difficile correggere in sede di implementazione. In tale contesto il ruolo della comunicazione è molto
importante e va utilizzato con molta attenzione. In particolare, nell’individuazione precoce del deficit uditivo, grazie al rapporto confidenziale
che spesso si instaura con il paziente, potrebbe superarsi più facilmente la riluttanza che purtroppo accompagna il riconoscimento
di questa patologia.
Il rapporto confidenziale è alla base di tale individuazione: è infatti ancora diffusa una sorta di reticenza nell’ammettere che si hanno disturbi dell’udito, quasi che ciò comportasse inevitabilmente uno stigma sociale, e spesso vengono adottate giustificazioni attribuibili ad altri fattori
(ad es. commenti musicali inappropriati nei film; rumori di fondo; difetti nella pronuncia dell’interlocutore, etc…).

Potrebbe essere d’aiuto introdurre un controllo dell’udito quando ad esempio vengono indagate patologie correlate con il deficit cognitivo?
Lo sarebbe certamente: infatti quello che potrebbe essere interpretato come un processo di decadimento cerebrale, su base degenerativa
o vascolare (e con l’aggiunta delle inevitabili “note depressive”…) potrebbe essere affrontato in modo più congruo se si indirizzasse il nostro
cittadino/paziente verso gli opportuni accertamenti, sia avvalendosi di una idonea filiera organizzativa che fruendo di opportuna formazione”.

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